Tra il bianco e il nero

Come vi ho accennato quando sono riapparsa, qualche giorno fa, c’è qualcosa di cui sento la necessità di parlarvi. Non tanto per il fatto in sé, che già potrebbe far riflettere molte persone, ma per tutto ciò che è seguito a questo fatto.

Verso Pasqua una persona di mia conoscenza si è tolta la vita. Lo ha fatto perché condannato per un reato che avrebbe dovuto scontare in prigione, abbandonando per sempre le cose a lui importanti. Tolta l’amarezza dell’atto in sé, che suona assurdo anche quando accade a persone praticamente estranee, ci sono molti puntini sulle i che mi sento di dover mettere in questa faccenda per tutte le chiacchiere e i comportamenti che molti soggetti che ruotavano intono a quest’uomo hanno tenuto dopo la sua dipartita.

La prima cosa che mi preme sottolineare, anche se può suonare estremamente scontata (ma vi garantisco che è piuttosto difficile da percepire per molti) è che una persona può sbagliare e, comunque, non essere un mostro.
Il fatto che tu sia bravo a fare il tuo lavoro non toglie che tu possa aver commesso un reato, per il quale è giusto che si prendano provvedimenti. Se anche hai commesso un errore, tuttavia, questo non significa automaticamente che tu sia un mostro o una brutta persona.
Allo stesso modo chi denuncia può non averlo fatto con le intenzioni più candide della storia (che, è vero, c’è chi punta solo a vendetta e denaro), ma questo non toglie che sia parte lesa e, giuridicamente parlando, nel giusto.

Dopo l’accaduto, molte persone, anche piuttosto esterne alla vicenda, si sono permesse di giudicare coloro che hanno denunciato, definendoli “assassini” o “con la coscienza sporca”, come se, improvvisamente, il fatto che una persona si fosse tolta la vita invertisse totalmente i ruoli. Perché, ovviamente, deve esserci qualcuno che è assolutamente nel giusto e qualcuno che è del tutto nel torto, no? Per cui, se un povero cristiano ha deciso di rinunciare alla sua vita, di sicuro non può che essere la vittima, e quindi quelle che sembravano pecorelle indifese diventano lupi voraci che hanno aggredito un povero pastorello innocente.

Fatico veramente a capire come si possa pensare, in situazioni così complesse, che tutto sia bianco o nero, ignorando completamente le infinite sfumature che certe storie possono assumere, andando a collocarsi nell’infinita gamma di grigi  che c’è tra questi due “colori” opposti.
A quale scopo, per altro, bisogna per forza schierarsi da una delle due parti? Non è mica una guerra e tantomeno questi grandi cavalcatori dell’indignazione possono considerarsi dei cavalieri senza macchia.

Per chi si cerca un colpevole? Perché dare la colpa a qualcuno per la scelta personale di un singolo individuo?

E’ estremamente facile puntare il dito verso delle persone, soprattutto se meschine o non affini a noi, ma che senso ha dar fiato alla bocca o, peggio ancora, fare i leoni da tastiera, quando non si è mai detta neanche una parola di conforto alla “vittima”? E’ facile e comodo parlare quando ormai tutto è finito, quando è troppo tardi e non si ha nulla da perdere.

E altrettanto facile è scaricare su “gli assassini” il peso della propria coscienza, quando non si è nemmeno cercato di capire le motivazioni dietro agli atti del povero suicida, o quando, nonostante le voci di corridoio, nessuno si è mosso per prevenire un disastro del genere.

Con quale ipocrisia individui che si sono finti amici e sostenitori di uomo senza mai accettarlo per come fosse veramente, senza accettare la sua diversità, facendolo sentire nel giusto a nascondersi, si sentono di poter giudicare chi, per difesa o per comodo proprio, ha tirato la storia alla luce del sole?

Queste, e forse molte altre ancora, sono le sfaccettature che una vicenda tragica, eppure potenzialmente così comune, può avere. Infinite sono le sfumature di grigio che vi si possono vedere, se solo si cerca di guardare oltre l’apparenza.
Tante sono le cose che si potevano dire o fare o non fare. Ma ormai ciò che è stato, è stato e lasciarsi andare a chiacchiere velenose e giudizi superficiali su una storia di questo tipo non fanno che creare un groviglio di melma e schifo intorno all’accaduto, macchiando ancor di più questa serie di tristi eventi di amarezza.

Spero che questo mio sfogo sia servito a farvi riflettere o, se non altro, di essere stata chiara nell’esprimere questo messaggio: la vita è strana, le persone sono complesse e le dinamiche che le riguardano sono articolate, per cui non tutto si può ridurre ai minimi termini.

A presto,

Iya&Ceres

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2 Risposte a “Tra il bianco e il nero”

  1. Anni fa, un ragazzo che conoscevo (solo superficialmente) si è suicidato; non so se per paura di un arresto o per i sensi di colpa, ma anche io ho dovuto sentire il chiacchiericcio di paese sulle sue colpe o meno.
    Di certo, che sia per un qualcosa di inferto o subito, il suicidio di qualcuno è sempre un atto che lascia un’amarezza infinita.

    1. Concordo sull’amarezza: sapere che una persona abbia preferito andarsene perchè riteneva insopportabile il continuare a vivere è veramente triste e ti lascia sempre un piccolo vuoto, ogni volta che ci pensi.
      Per questo è fastidioso vedere persone che ne fanno una questione banale solo per poter avere delle risposte che, per altro, a loro non porteranno niente.

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